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La Leggenda del Cavia (Canzone del Cavia)
di Ermete Squakkanni Affusseta (noto con lo pseudonimo di E.A. Criceto)



Il Cavia mormorava calmo e placido al formaggio
dei paganacci il ventiquattro maggio;
l'esercito pagano maneggiava la groviera
per far contro i criceti una barriera!
Muti fischiaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udivan intanto quegli amati squakki
sommesso e lieve il masticar pistacchi.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Cavia mormorò: "Non passa lo straniero!".

Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Cavia udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanti lemming ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Cavioretto.
Conigli ovunque dai lontani monti,
venivano a zompar su per i ponti.
S'udiva allor di gloria circonfùso
sommesso e triste il mormorio d’Affùso.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Cavia mormorò: "Ritorna lo straniero!".

E ritornò il Randoni per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfornar focacce e pizze come allora!
No, disse il Cavia, no, i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Sommo gonfio come un sacco
col raggio gamma dava a tutti scacco.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Cavia comandò: "Indietro va', o straniero!".

Indietreggiò il nemico fino a Brocca fino a Trento
e Nelson sciolse la vittoria al vento!
Fu sacro il piatto antico, tra le mense furon visti
gli sgherri nelsoniani panzellisti.
Infranse il prode senatore Hamtaro
i forni del Randoni pizzettaro!
Sicure l’erbe, libero il radicchio,
lo magnò il Cavia, sì, gli prese il ticchio.
Sul patrio suolo vinti i paganacci,
Affùso dei pagan, ne fece strofinacci!